I parroci vogheresi parlano ai fedeli: “E’ tempo di accorgersi dei fratelli in difficoltà”

VOGHERA – «E’ il tempo di accorgersi dei fratelli in difficoltà che percorrono le vie di Voghera affinché si faccia insieme qualcosa perché nessuno sia abbandonato nelle nostre piazze: soprattutto quando abbandonare significa esporre se stessi e gli altri al rischio di tragedie come quella che stiamo piangendo». La chiesa vogherese prova a dare la scossa dopo la morte di Youns El Boussettaoui in piazza Meardi per mano dell’assessore Massimo Adriatici. E’ il giorno dopo il corteo e la sfilata di oltre 800 persone che sono scese in piazza per manifestare e chiedere giustizia dopo l’uccisione del marocchino 39enne. E’ la prima domenica di messa, la prima domenica dopo la sparatoria di martedì sera. Una lettera aperta è stata letta ieri durante le messe da don Marco Daniele e don Cristiano Orezzi, i coparroci che guidano le parrocchie del Duomo, San Rocco, Pombio e San Vittore.

Il documento mette in luce come l’abbandono al loro destino di uomini come Youns espone a tragedie personali (e il riferimento è all’ assessore). Nel documento dei due preti però la premessa è che «non è tempo di sfilate in piazza Meardi». Ieri alle 10,30 il messaggio è stato letto per la prima volta nella chiesa di San Rocco, in via Emilia, posta a due passi da piazza Meardi, teatro della tragedia e dove solo il giorno prima il corteo per la morte dell’immigrato veniva a contatto con gli scudi dei poliziotti. Una situazione tesa al punto che la messa del sabato era stata sospesa. C’è una vittima e c’è chi ha sparato. La chiesa che dice? «La preghiera – recita la lettera – è perchè Dio abbia misericordia di chi ha ora segnata la vita da quanto accaduto».

Il riferimento è chiaro all’assessore Adriatici. «Una vita segnata». Solo questo? «Questo è il tempo del silenzio – dice don Orezzi fuori di chiesa – per poter ripartire a costruire una città diversa. Di parole, giudizi e pregiudizi ne sono girati troppi in questi giorni. Quello che è successo deve spingere a immaginare una città diversa». «Ci si chiede – recita la lettera con riferimento soprattutto ai social – perchè molti si sentano in dovere di fomentare l’odio in continuazione». I due parroci vogheresi provano a spostare il dibattito su una Voghera diversa. «Come chiesa di Voghera – recita ancora il documento – siamo chiamati a farci anima di un nuovo patto sociale che stemperi il clima di rabbia e di insicurezza».

Patto sociale. La lettera invita la comunità ad un’assunzione di responsabilità. L’invito è rivolto alla società civile e politica. E’ lì che il documenta “pesta”. Il colpo di pistola di martedì sera, fanno capire i due parroci, deve spingere il Comune, le associazioni e la gente ad affrontare la questione del degrado cittadino e della povertà in modo diverso. La sicurezza oggi a Voghera resta un problema irrisolto. Fermo restando che chi ha sparato ha, come ricorda don Orezzi, la «vita segnata». Il finale della lettera è un invito alla gente a non chiamarsi fuori. «A questo esortiamo sperando che nessuno si tiri indietro e si senta autorizzato a dire che non gli interessa. Voghera è ferita. Solo l’amore che diventa progetto politico e sociale di sguardo e cura agli altri può aiutare la città a ripartire». E nella lettera si cita l’episodio di Caino e Abele: «Ciascuno si faccia queste domande: cosa posso fare per i poveri della mia città? Cosa ho fatto io per impedire che quell’uomo fosse ucciso?».

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