Una piaga troppo ignorata: i padri separati, poveri e depressi. 200 suicidi ogni anno. Parla Stefano di Voghera

Umiliati, spesso accusati ingiustamente di violenze inesistenti, allontanati dai propri figli e ridotti sul lastrico dalle ex mogli. In Italia moltissimi padri separati cadono in miseria, in depressione e circa 200 ogni anno si tolgono la vita; tutto ciò nel silenzio totale, perché nessuno parla di loro. Si parla tanto di femminicidio e di violenza sulle donne, ma esiste una piaga altrettanto terribile, un fenomeno ignorato sia dai mass media che dalla politica: la solitudine e la depressione dei genitori maschi allontanati dai propri figli. Dopo sentenze di separazioni e divorzi molti uomini si ritrovano senza casa, senza soldi, senza più poter vedere la propria prole e distrutti dalle ex mogli, che iniziano un processo di denigrazione della figura paterna agli occhi dei bambini. Lasciati soli e senza più voglia di vivere, alcuni di loro decidono di farla finita. E nonostante questo numero spaventoso di morti volontarie (chiamati in gergo “patricidi”), ci sono addirittura movimenti di femministe che arrivano perfino a negare tutto ciò.  

Stefano ha 40 anni, fa l’operaio e vive a Voghera. La sua vita è stata segnata recentemente da un rovinoso divorzio, che gli ha portato via (e sta continuando a portargli via) il suo unico figlio, gran parte del suo stipendio e i migliori anni della sua vita. “La mia situazione in questo momento è molto complicata -racconta il giovane- Ho in ballo cause penali, il fiato sul collo di assistenti sociali  e a livello economico sono messo molto male. Fortunatamente, ora ho una nuova compagna, che mi è vicina e mi dà un notevole aiuto a livello psicologico. Tuttavia, la situazione che si è venuta a creare dopo la mia separazione è ancora tutta da verificare, su come andrà a finire. Ho avuto una sentenza giudiziale, dove mio figlio ovviamente è stato affidato a sua madre e sono costretto ogni mese a tirare fuori 400 euro di fisso più il 60 percento di tutte le spese di mantenimento. Oggi mio figlio ha una decina d’anni e io  posso vederlo soltanto un weekend ogni 15 giorni”.

Come si è arrivati a questa situazione? “Il matrimonio fra me e la mia ex moglie all’inizio era tutto rose e fiori, ma è andato a peggiorare negli ultimi 5 anni, quando la situazione economica famigliare è precipitata, in seguito ad alcune spese per la casa volute da lei. Dopo aver creato un clima di litigio perenne, lei è scappata di casa e si è arrivati a una sentenza di separazione, tutta sbilanciata in suo favore. A oggi io vivo a casa mia, pago da solo un finanziamento per la ristrutturazione dell’abitazione, che era stato deciso e concordato in due, e cerco di risanare la difficile situazione finanziaria che lei mi ha lasciato. Economicamente parlando, sarebbe stato molto difficile, se non impossibile, uscirne fuori se non avessi avuto alle spalle i miei genitori, che mi hanno dato una grossa mano”.

La storia di Stefano è simile alle storie di tantissimi altri padri separati, uomini spolpati all’osso e abbandonati a sé stessi. Perché secondo lei in Italia la giurisprudenza e la magistratura hanno questo orientamento? “Si tende a dare più tutela alle donne, escludendo del tutto il genitore maschio. I nostri giudici non riescono a capire che comunque dietro a ogni separazione c’è un discorso di sofferenza anche per il padre, che vede meno il figlio, che non può tenerlo quanto vorrebbe e, come nel mio caso, anche dove il bambino preferirebbe stare con il papà. Mio figlio in un incontro con uno psicologo ha mostrato la volontà e l’esigenza di voler stare con me, ma non c’è niente da fare: qui in Italia è impossibile che un figlio venga affidato al padre. Il nostro sistema giudiziario in tema di separazione coniugale schiaccia inesorabilmente la parte maschile della ex coppia, che diventa soltanto il lato economico da sfruttare e da mungere. Noi padri separati non abbiamo nessun tipo di diritto e qualsiasi azione intraprenda la madre va sempre bene, anche quelle che violano la legge. Se lei non ci manda il bambino, e io mi rivolgo all’autorità competente, mi trovo di fronte a discorsi accomodanti o pacificatori. Se facessi io, invece, una cosa del genere, sarei rovinato all’istante”.

Oltre a questa situazione, Stefano ha sulle spalle anche una denuncia penale, per la quale fra qualche mese dovrà risponderne in tribunale. “C’è una denuncia da parte della mia ex nei miei confronti per presunta violenza domestica: un’accusa assolutamente inveritiera e infondata. Sul lavoro lei si era procurata un livido sul braccio, è andata al Pronto Soccorso, le hanno dato dieci giorni di prognosi e s’è inventata che io le avevo  messo le mani addosso. Ovviamente, in questi casi per la magistratura, fino a prova contraria, ha sempre ragione la donna; almeno fino a quando non si riesce a dimostrare la propria innocenza. Dopo avermi portato via soldi e dopo aver subito denunce prive di fondamento, io mi trovo a vagare in un sistema giudiziario vuoto e deserto: non c’è un giudice o un magistrato che riesce a concepire che anche l’uomo abbia delle ragioni. Purtroppo, noi uomini per la legge siamo sempre dei criminali nei confronti delle donne”.

Perché non si riesce a far aprire gli occhi su queste situazioni? “Manca non solo l’accorgimento che i padri soffrono per la separazioni dai figli, ma anche la possibilità di chiedere a un bambino con quale genitore vorrebbe continuare a vivere. Anche i bambini soffrono l’impotenza di non poter scegliere, ma le madri hanno sempre la meglio, mentre noi uomini dobbiamo sempre dimostrare di essere brave persone – e io lo sono e lo posso dimostrare – e che a volte la parte cattiva non siamo noi”.

Non ci sono soltanto la magistratura e le forze dell’ordine che agiscono a senso unico verso la parte femminile, ma ci sono anche i Centri Anti-Violenza sulle Donne che hanno un ruolo importante in queste situazioni. “Purtroppo questi centri hanno un ruolo molto persuasivo. Il più delle volte questi covi di femministe allestiscono dei veri e propri teatrini, dove emerge il loro scopo ultimo, cioè quello di distruggere il maschio. L’essere uomo per loro è una negatività a prescindere, per cui non agiscono realmente per difendere quelle donne che sicuramente hanno bisogno di questi centri e che hanno realmente subito violenze. Loro hanno come obiettivo la distruzione sociale del maschio in qualunque caso. Nel mio personale, dove io mi sono comportato bene, assumendomi la responsabilità di fare il padre, di andare a lavorare, di dedicarci tanto tempo per il bene di mio figlio, ecc., sono poi finito a non essere più padrone di niente, nemmeno della mia vita. In molti di questi centri noi uomini siamo visti e additati solo come dei torturatori, dei maneschi, degli psicopatici, ecc.. Non è assolutamente così”.

Non esistono sul nostro territorio associazioni che si battono per i diritti dei padri separati? “Bisognerebbe avere dei parimenti centri per violenza psicologica sugli uomini, per contrastare queste vere e proprie  violenze create da certe donne. Purtroppo dalle nostre parti non c’è nulla di tutto questo. Esistono delle associazioni, ma sono ancora diffuse in maniera molto sparuta, a nicchia, forse c’è qualcosa nel Milanese, ma sicuramente hanno influenze e poteri limitatissimi in confronto a quelli che, invece, hanno i centri anti-violenza contro le donne”. Questa mentalità anti-maschile sembra non solo radicata a livello legislativo e giudiziario, ma ormai anche a livello di cultura di massa. Come mai? “Adesso va tanto di moda questa violenza sulle donne e il vero problema è proprio questo. In ogni telegiornale il lato reale della notizia viene mistificato. Ci sono davvero realtà dove la donna subisce violenze da parte degli uomini, ma accade anche l’opposto. Però c’è molta più ‘moda’ nel raccontare dell’uomo violento e cattivo che picchia la donna. Non c’è mai lo stesso clamore e scandalo in casi antitetici, come quello a Brindisi dell’uomo che è stato sfigurato dalla moglie che gli ha gettato dell’acido in faccia: queste notizie vengono minimizzate o addirittura ignorate dai mass media nazionali”.

E poi c’è la tragedia dei padri separati che si tolgono la vita, perché vengono talmente ridotti in miseria dalle ex mogli che non riescono più a tirare a fine mese e non vedono più i loro figli. “Certo, perché queste situazioni alla fine portano in quella direzione, cioè a ridurci sul lastrico e alla disperazione più totale. Io, ripeto, se non avevo alle spalle i miei genitori, che mi hanno dato un aiuto economico non indifferente, non sarei mai riuscito a essere qua in questo momento. Ho un amico che non ha avuto la mia stessa fortuna e per 15 anni ha dovuto tirar fuori dalle sue tasche qualcosa come 500-600 euro al mese e li sta tirando fuori ancora adesso, nonostante sua figlia sia maggiorenne. Non c’è  mai stato niente da fare neanche per lui per sfuggire da questo oneroso prelievo continuo, perché secondo i giudici con il lavoro che ha, un normale stipendio da impiegato, va bene così”. Cosa vuole consigliare al lettore, sia uomo che donna, che leggerà questa intervista? “Al lettore maschio che si sta separando e che sta iniziando a percorrere una strada come la mia, gli suggerirei di tutelarsi in tutto e per tutto: conto-correnti separati, divisione dei beni, ecc.. Alla lettrice donna direi meno odio e rancore, perché l’odio e il rancore sfogati sull’ex partner inevitabilmente finiscono addosso anche ai figli. E questa è la cosa peggiore”.

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