“Arancia Meccanica”, capolavoro di Stanley Kubrick, torna al cinema: da domani a Montebello e a San Martino

MONTEBELLO DELLA BATTAGLIA – L’immortale capolavoro “Arancia Meccanica” (in lingua originale “A clockwork orange”) torna nelle sale cinematografiche per celebrare il 50° anniversario della sua uscita, quel lontano dicembre 1971, quando la pellicola sconvolse pubblico e critica di tutto il mondo. Il dissacrante e violento film tratto dal romanzo di Antony Burgess (da noi uscito con il titolo “Un’arancia a orologeria”, edizioni Einaudi) sarà visibile da domani (lunedì 29) a mercoledì 1 dicembre anche nei multisala “The Space” di Montebello della Battaglia (prezzo € 8,30, spettacolo unico ore 21:30, V.M. 14 anni) e “Movie Planet” di San Martino Siccomario (prezzo € 7,00, spettacolo unico ore 21:00, V.M. 14 anni).

Adorato e maledetto, per le estreme scene di violenza (non solo fisica) il film fu vietato nella maggior parte dei Paesi ai minori di 18 anni e in Italia non fu mai trasmetto in chiaro in TV prima del 2007, cioè ben 36 anni dopo la sua uscita. Il mondo apocalittico raffigurato da Kubrick in “Arancia Meccanica” è l’immaginazione di un futuro distopico, scenografato dalla cultura e dell’estetismo pop art degli anni ‘60 e ‘70, e rappresento in una megalopoli londinese sterminata, nella quale la violenza viene sdoganata per la mancanza di libero arbitrio e di consapevolezza individuale e sociale. Se la regia del maestro newyorkese naturalizzato britannico, che realizzò altri capolavori come “2001: Odissea nello spazio”, “Shining”, “Full Metal Jacket”, ecc., è inquietante e spiazzante fin dalla prima ripresa – da quella carrellata all’indietro dal ghigno di uno strepitoso Malcom McDowell fino all’inquadratura sui protagonisti e sul coreografico arredamento del ‘Korova Milk Bar’ – la colonna sonora non è da meno, zeppa di brani di musica classica, e della più recente “Singing in the Rain”, oltraggiosamente combinate con sequenze di feroci pestaggi e cruda violenza. Ma quello che ha lasciato sempre più affascinati di questo film è l’idioma inventato dal suo creatore, lo scrittore Antony Burgess, che strutturò infatti un linguaggio “futuristico”, fatto di miscugli di parole inglesi, russe e neologismi assolutamente inventati: e i protagonisti Alex, Pete, Georgie e Dim, per tutto il film parlano in “nadsat” (il romanzo, nelle sue 218 pagine è INTERAMENTE scritto in questa lingua “artistica”).

Un film sulla violenza, ma contro la violenza – però critico anche su quella del “Sistema”, che dovrebbe prevenirla o quantomeno “curarla” (come si capisce nella seconda metà del film) – che rende necessario le scene un po’ forti per poter raccontare senza falsi moralismi il problema della libertà di scelta, il disorientamento del mondo occidentale e la frustrazione nel non poter realizzare i propri desideri. Come in quasi tutti i film di Kubrick tratti da romanzi già editi, il finale è un po’ diverso dall’originale, lasciato volutamente “aperto” e all’immaginazione dello spettatore. Se nel 1971 fu un shock, “oggi è ancora un salutare pugno nello stomaco” (cit. Mereghetti). Rivivere i suoi 136 minuti di pellicola nelle nuove e moderne multi-sala della provincia non darà la stessa emozione dei vecchi cinematografi che negli anni Settanta popolavano i centri città di Pavia e di Voghera, ma al di là del “bello” o del “brutto”, del “mi piace” o del “non piace”, ‘Arancia Meccanica’ è un film che non lascia assolutamente indifferente chi lo guarda, e che merita sicuramente di essere rivisto su grande schermo per le celebrazioni del suo mezzo secolo di vita.

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